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DE ANGELIS PIETRO
(Pietrino) 2/27

- detto anche Romanino e Cannella -

Nato a Roma il 18 ottobre 1905
Morto a Siena il 14 agosto 1957 (leggi l'artcolo del giornale)

1. 2 luglio 1933 NICCHIO Zebra
2. 16 agosto 1933 GIRAFFA Aquilino
3. 2 luglio 1934 GIRAFFA Aquilino
4. 16 agosto 1934 NICCHIO Lampo
5. 2 luglio 1935 ISTRICE Rosetta
6. 16 agosto 1935 ISTRICE Ruello
7. 2 luglio 1936 OCA Folco
8. 2 luglio 1937 ISTRICE Elsa
9. 16 agosto 1937 ONDA Giacchino
10. 2 luglio 1939 AQUILA Folco
11. 2 luglio 1945 SELVA Montecucco
12. 20 agosto 1945 1 ISTRICE Bozzetto
13. 2 luglio 1946 ISTRICE Montecucco
14. 16 agosto 1946 BRUCO Misa
15. 18 maggio 1947 1 GIRAFFA Topo
16. 2 luglio 1947 CHIOCCIOLA Mario
17. 16 agosto 1947 ISTRICE Ida
18. 2 luglio 1948 ISTRICE Anita
19. 16 agosto 1948 ONDA Piero
20. 2 luglio 1949 TORRE Marco Polo I
21. 16 agosto 1949 ISTRICE Anita
22. 2 luglio 1950 LEOCORNO Orafo
23. 16 agosto 1950 AQUILA Gioia
24. 16 agosto 1951 LEOCORNO Volpe
25. 2 luglio 1952 TORRE Miramare
26. 16 agosto 1953 LEOCORNO Fontegiusta
27. 2 luglio 1956 LEOCORNO Tanaquilla

1 Palio straordinario.




IL SONETTO PER LA VITTORIA DELL'AGOSTO 1935


IL SONETTO PER LA VITTORIA DEL LUGLIO 1939


   



                       

Rosanna Bonelli, Roberto Neri, Imo Bibbiani e Luca Luchini raccontano       
 







Pietro De Angelis è considerato uno dei fantini più importanti della storia del Palio. Nato a Cineto Romano nel 1905, padre di 4 figli, incarnò alla perfezione il ruolo del fantino mercenario che andava dove guadagnava più soldi. Famosa era la sua esclamazione “E mò, damme li sordi!” quando voleva essere pagato dalla Contrada per cui correva o per cui “lavorava”. Pietro arrivò in Piazza nel 1932 quando corse le Batterie per il Palio di luglio, mentre ad agosto disputò anche due Prove nella Lupa. L’anno successivo esordì nel Palio di luglio con il Nicchio e, sempre con il Nicchio, sarà lui il protagonista della Carriera del 16 agosto 1934, anche se non nel modo in cui ci si aspetterebbe. Erano gli anni del TONO, il patto che dal 1928 faceva vincere quasi sempre Tartuca, Oca, Nicchio e Onda. Nell’agosto del ’34 mancavano Folco e Ruello, i due cavalli più forti del momento: in assenza di un “bombolone”, nel TONO si decise di appoggiare l’Oca a cui era toccata l’esperta Wally, il fantino che la montava era Meloncino, fresco vincitore del Palio di luglio. Al Nicchio era toccato in sorte Lampo, un cavallo esordiente. Pietrino, arrivato nei Pispini in sostituzione di Tripolino, si convinse delle qualità di Lampo e riferì alla Contrada le sue ottime impressioni: quel Palio si poteva vincere, le Prove lo avevano dimostrato. La dirigenza non lo accontentò e Pietrino si accordò con l’Oca. Per due volte Lampo si portò in testa e per due volte Pietrino si lasciò superare dall’Oca, anche all’ultimo Casato. I contradaioli del Nicchio, furibondi, stracciarono e appesero ai pali della luce gli abiti di Pietrino che nel frattempo se l’era data a gambe. Da quel Palio, scoppiò una rivalità tra Nicchio e Oca che si protrarrà per mezzo secolo. Esattamente un anno dopo arriverà il primo successo: l’Istrice lo sceglie per montare Ruello, il fantino romano non deluderà le aspettative riportando al successo la Contrada di Camollia dopo 21 anni di digiuno. Al Palio del 2 luglio 1936 Pietrino arrivò con i favori del pronostico, l’Oca gli fece montare Folco, l’altra favorita era la Giraffa che montava Bovino su Ruello. Vinse la Giraffa e al termine della Carriera, Pietrino fu preso a schiaffoni dagli ocaioli. Nell’agosto del’38 Pietrino accettò i soldi della Chiocciola per non montare Folco nella Pantera, rinunciando ad una ghiotta occasione per vincere un altro Palio. Vittoria che arriverà l’anno successivo, proprio con Folco, nell’Aquila dopo un Palio molto combattuto. Pietrino partì appaiato con i fantini di Istrice, Nicchio e Torre; al secondo giro l’Istrice prese il comando, al terzo Pietrino superò il Nicchio a San Martino e raggiunse Tripolino dell’Istrice: alla curva del Casato, Pietrino nerbò il cavallo dell’avversario mandandolo verso i palchi, potendo così cogliere una strepitosa vittoria. Al termine della Seconda Guerra Mondiale si accordò con la Selva per montare Montecucco, ma il cavallo si fermò al primo giro e il fantino romano dovette rifugiarsi in casa di Ettore Fontani per sfuggire ai selvaioli, che non dovevano avere buone intenzioni. Il 20 di agosto dello stesso anno si svolse il Palio della Pace, Straordinario che celebrava la fine della Guerra. Tutto lasciava presagire ad una vittoria del Bruco, che voleva interrompere ad ogni costo un lungo digiuno. Il cavallo capitato in sorte era Mughetto, vincitore a luglio, per montarlo arrivò il Biondo. Pietrino, che era nell’Istrice e temeva di perdere i soldi del Bruco, capì come altri fantini che il pericolo era rappresentato dal giovane fantino del Drago, Rubacuori, in sella all’esperto Folco. A nulla valse il suo appello alla dirigenza di Via del Comune, la strategia non venne cambiata. La mossa fu tormentata, il mossiere annullò due volte dopo che la Tartuca era uscita in testa dai canapi in entrambi i casi; per protesta i tartuchini se ne andarono ritirando il cavallo. Al terzo tentativo la mossa è valida, Pietrino parte in testa e aspetta Rubacuori per ostacolarlo. Il Bruco approfitta della situazione e passa al comando; il Palio sembra indirizzato verso il suo naturale epilogo, ma Rubacuori che nel frattempo si era liberato di Pietrino, rimonta ed affianca il Biondo. Dopo uno scambio di nerbate il Drago passa in testa, il cavallo del Bruco si ferma all’ultimo San Martino e per Rubacuori è fatta. I brucaioli inferociti fanno a pezzi il Drappellone, Rubacuori sfugge per un pelo al linciaggio e Pietrino rimane a bocca asciutta. Nel Palio del 2 luglio del 1948 Pietrino ha la possibilità di ottenere la sua terza vittoria in Piazza, l’Istrice gli affida Anita e la promessa di una grossa somma in caso di vittoria. L’Oca parte favorita, la sorte ha estratto Salomè, e la dirigenza dapprima si affida a Ciancone, poi dopo l’infortunio di quest’ultimo, punta sul Biondo. Per assicurarsi la vittoria Fontebranda offre un compenso a Pietrino che però rifiuta, deciso a vincere per l’Istrice. Pietrino partito in testa comanderà il Palio per 2 giri, tenendo dietro lo scosso dell’Oca a suon di nerbate. Poi, all’ultimo San Martino gira largo, lasciando strada a Salomè che va a vincere. Per l’Oca è il trionfo, Pietrino invece le busca dagli Istriciaioli e non intasca una Lira da vincitori e vinti. Chiuderà la sua carriera nel 1956 nel Leocorno. L’anno successivo reciterà come comparsa nel ruolo del fantino assieme a Ganascia nel film “La ragazza del Palio”. Pietrino non era nuovo a quell’ambiente, in inverno facevo la stuntman a Cinecittà per arrotondare i guadagni, un lavoro che però gli costava parecchio in salute dato che spesso arrivava malconcio in Piazza quando doveva montare un cavallo. Al termine di una scena andò in un bar, si sentì male di fronte ad uno dei suoi figli e agli altri fantini che lavoravano al film, e morì. I senesi si ricordarono della famiglia numerosa di Pietrino e fecero una colletta per aiutarla. Se ne andava così Pietro De Angelis, un fantino talentuoso che vinse poco per le sue qualità, spesso condizionato dal flusso di denaro delle Contrade. Un uomo che nel bene e nel male ha fatto la storia del palio di Siena. Come recita la sua lapide “…per il Palio visse e per esso morì”.

Biografia scritta da Fabio Ceccolin




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