Luigi Bruschelli, detto Trecciolino, con l’esordiente Già del Menhir fa gioire il popolo di Camollia.
Ha vinto l'Istrice. L'allineamento alla partenza ha visto: Giraffa, Leocorno, Selva, Torre, Istrice, Nicchio, Valdimontone, Pantera, Bruco e Aquila di rincorsa.
Per il mossiere Giorgio Gugliemo di Vulci non è stata cosa facile. Troppo il nervosismo tra i canapi, che ha fatto ritardare la mossa di oltre mezz'ora.
E' partito in testa l'Istrice, inseguita dal Leocorno e dalla Torre, che a Fonte Gaia rimonta portandosi seconda.
La Contrada di Camollia gira prima alla curva di San Martino, dietro Torre e Leocorno, cade il fantino del Nicchio, Virginio Zedde, detto Lo Zedde e quello di Valdimontone, Alessio Migheli, detto Girolamo, mentre l'Aquila si porta in terza posizione.
I tre giri della Piazza ripetono lo stesso ordine: Istrice, Torre, Aquila.
All'ultimo Casato l'Istrice è ancora inseguito dalla Torre, ma Alberto Ricceri, detto Salasso, stringe troppo, sbatte nella protezione e cade. Cade anche il fantino della Pantera, Andrea Mari detto Brio. Già del Menhir, un sauro di sei anni, per la prima volta sul tufo ha fatto vincere il quarantunesimo Palio all'Istrice.
Trecciolino ha condotto la corsa, incessantemente, conquistando la sua undicesima vittoria.
La folla in Piazza del Campo ha rotto la sua rigidità, come pennellate di colore è esplosa in un tripudio che ha abbattuto l'attesa.
Un'onda di materia umana è arrivata sotto il palco dei giudici a prendere il drappellone dipinto da Camilla Adami, quel pezzo ambito di seta dove la Madonna ha il volto di una donna del terzo millennio. Un omaggio alle donne. Donne guerriere, qualcuno ha detto. Come le donne, che alla fine della Repubblica senese, proprio nel territorio dell'Istrice difesero, nel 1554, il fortino, costruito da Baldassarre Peruzzi, che oggi porta il loro nome. Semplicemente donne, abituate ad affrontare la vita in pace ed in guerra.
A vincere e perdere come al Palio di Siena. Lottando. Sempre. Come hanno lottato i dieci popoli per i colori delle loro Contrade, fino a varcare il reale e leggere nei segni che, in questi giorni, sono stati cercati nel fantasioso rincorrersi di cabale. Sì, perché il Palio di Siena è anche questo.
Conta certamente la bravura del cavallo e la destrezza del fantino, ma poi è il fato a scrivere l'ultima parola per la cronaca di questa magica corsa che rende immortale Siena e la sua storia. Un'identità unica che ha il potere, dentro questa Piazza a forma di conchiglia, di fermare, per una manciata di secondi, il tempo e vivere la metafora della vita dove, come in nessuna altra parte del mondo, a perdere è l'oblio.
Adesso per gli istriciaioli inizia la festa. Per gli altri ancora una speranza: la Carriera del 16 agosto.
(Dal sito del Consorzio per la Tutela del Palio di Siena)
|