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Il 31 luglio 1367 ad Abbadia San Salvatore, sul Monte Amiata, muore il beato Giovanni Colombini, fondatore della Congregazione dei Gesuati (come verranno detti i compagni del Colombini, perché avevano continuamente sulle labbra il nome di Gesù).
Era nato a Siena nel 1304 da Agnolina e da Pietro Colombini, famiglia nobile dedita alla mercatura. Lui stesso, nel 1320, si iscrive alla corporazione della lana e si dedica al commercio, ricoprendo anche vari incarichi di rilievo nel governo della città. Nel 1342 sposa Biagia Cerretani ed ha due figli: Pietro e Guccia. Nel 1355 Giovanni Colombini subisce una profonda conversione dopo la lettura dalla vita di Santa Maria Egiziaca e dal 1355 al 1365 compie un lungo cammino spirituale presso la Certosa di Maggiano.
Ben presto porta anche la moglie ad abbracciare la più austera povertà. Nel 1363, dopo la morte del figlio Pietro dona tutti i propri beni all'ospedale di Santa Maria della Scala, al monastero dei SS. Abbondio e Abundanzio, detto di Santa Bonda (al quale affiderà la figlia Guccia) e alla Congregazione di Maria Vergine. Probabilmente, in questi anni, anche i gravi eventi politici di Siena (la caduta governo Novesco con le violenze che ne seguirono) spingono Giovanni Colombini a forme pubbliche, talvolta plateali, di conversione.

Lui e la moglie decidono per una “sfacciata pubblicità” al Vangelo: diventano sguatteri a Palazzo Pubblico dove, solo pochi anni prima, Giovanni era stato Governatore di Siena. La cerimonia dell’investitura cavalleresca, per i gesuati, diventa il rito con cui i novizi si spogliano (sulle orme di San Francesco) in pubblico, addirittura in Piazza del Campo, delle ricchezze per vestirsi di soli stracci davanti all’immagine della Madonna. I seguaci di Colombini, poi, adottano lo stile dei giullari per predicare il Vangelo e per questo vennero chiamati “folli di Dio”.

Il governo di Siena decide di esiliarlo con 25 suoi seguaci come pericoloso, ma lui, nel suo peregrinare in vari paesi tra la Toscana e l’Umbria si saprà trasformare da “bandito dagli uomini in banditore di Dio” utilizzando l’esilio per diffondere il suo richiamo al radicalismo evangelico.
Nel 1367, durante il ritorno in Italia di Urbano V, Colombini, desideroso di un riconoscimento "ufficiale" del proprio movimento, che ormai conta di un sessantina di seguaci, decide di andare incontro al papa, verso Viterbo, per chiedere un colloquio. Ottenuto il consenso papale e stabilite le nuove direttive per il movimento, Colombini lascia Viterbo per fare ritorno a Siena, ma una malattia lo ferma ad Acquapendente e morirà poco dopo.
Il suo corpo viene portato a Siena e sepolto nel monastero di Santa Bonda.
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