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- PAPA GIULIO II (Giuliano della Rovere) -
a cura del dott. Fabrizio Gabrielli



Fu papa dal 31 ottobre 1503 al 21 febbraio 1513. Giuliano Della Rovere, nato ad Albisola nel 1445, nipote di Sisto IV, studiò tra i Francescani di Perugia, poi ebbe dallo zio il vescovado di Avignone e di ben sette altre sedi e infine il cardinalato con il titolo di San Pietro in Vincoli (1471).

Papa Giulio II

Ebbe vita politicamente assai agitata: durante il pontificato di Innocenzo VIII ebbe grandi poteri e più tardi parteggiò apertamente per la Francia contro Alessandro VI (sotto il cui scandaloso pontificato fu per dieci anni esule da Roma), dimostrando in ogni occasione una prodigiosa forza di volontà. Intervenne in vari conclavi, finché nel 1503 fu unanimemente chiamato a succedere all'effimero Pio III. Papa a 58 anni, tempra di dominatore, ebbe i difetti e le virtù dei principi del tempo: audace, ambizioso, collerico e attivissimo, anche se mai volgare e meschino. La sua naturale impulsività gli impedì di essere un grande politico e diplomatico.

Suo primo intento fu restaurare la potestà temporale di Roma, dar vita veramente a uno Stato della Chiesa. La fuga e poi la morte in battaglia di Cesare Borgia facilitarono i suoi disegni: riebbe, dopo infinite lotte e imprese guerresche da lui personalmente capitanate, il patrimonio ecclesiastico da Perugia a Bologna, cacciandone i Baglioni e i Bentivoglio. Per recuperare da Venezia le città di Romagna, aderì alla Lega di Cambrai che Francia, Spagna, Impero avevano allestita contro Venezia (1508). Ma quando la Repubblica, sconfitta ad Agnadello, gli restituì le città di Romagna, Giulio abbandonò la lega, si pacificò con i Veneziani e poi senza tanti scrupoli si alleò con loro, volgendosi contro i Francesi, di cui aveva maggiori ragioni di temere il predominio in Italia.

Lanciò allora il famoso grido: "Fuori i barbari dall'Italia!". La lotta si accese accanita: a Mirandola, dopo un estenuante assedio, egli, alla testa di tutti, salì su una scala a pioli ed entrò per una breccia nel castello riconquistato. Ma i suoi nemici minacciarono uno scisma (che sarebbe effettivamente arrivato solo pochi anni dopo) e molti vescovi francofili vi aderirono; giunsero minacce anche dalla Germania; i Bolognesi insorsero e atterrarono la statua di Giulio, opera di Michelangelo. Febbricitante, il fiero papa si faceva portare a Roma in lettiga dopo aver veduto cadere tutte le sue conquiste e mentre si vedeva egli stesso citato a comparire a Pisa, dove era raccolto un conciliabolo con il pretesto di purgare la curia e di riformare la Chiesa.

Ma quella di Pisa non era che un'aperta rivolta contro il capo della Chiesa; vi erano congregati alcuni vescovi mandati dal re di Francia, che voleva vendicarsi di Giulio, e dall'Imperatore tedesco, il quale aspirava a unire il triregno alla corona. Giulio rispose nei due modi conformi alla sua indole: con il concilio e con la proclamazione di una Lega Santa contro la Francia, cui aderirono Spagna, Venezia e Inghilterra.

Il concilio convocato da Giulio fu il XVII Ecumenico e il V Lateranense (1511); vi si parlò di unione ecclesiastica, di pericolo turco, ma di riforme non si fece nulla, né i grandi prelati intervennero, se non un centinaio di italiani. All'esercito della lega poi toccò una terribile sconfitta a Ravenna (1512) per opera di Gastone di Foix, nipote del re di Francia; ma la sera stessa della vittoria il famoso condottiero cadde sul campo, e con lui si sfasciarono le fortune francesi in Italia; gli Sforza rientrarono a Milano, i Medici a Firenze, e il conciliabolo di Pisa si squagliò.

Se l'attività politica è la parte più clamorosa dell'opera di Giulio, sarebbe errato credere che l'importanza di questo papa si limiti ad essa; fin dal 1504 egli iniziò la costituzione di vescovadi nell'America appena scoperta, e promosse le missioni nelle terre conquistate da Spagnoli e Portoghesi; lottò con il fiscalismo del governo spagnolo; tentò di riunire la Russia alla Chiesa cattolica, mitigò la procedura dell'Inquisizione e ne ridusse le pene; impedì l'introduzione a Napoli dell'Inquisizione di Spagna; curò la riforma degli Ordini religiosi correggendone la rilassatezza; riordinò l'Ordine Francescano, che riunì di nuovo nei due primitivi rami di Minori e di Conventuali; proibì il duello e abolì il barbaro "ius naufragii", cioè il diritto di spogliare i naufraghi.

Promosse il culto del SS. Sacramento e concorse all'erezione della cattedrale di Orvieto; tra i savi provvedimenti disciplinari diretti alla riforma della Chiesa emerge il decreto di severissima condanna della simonia (pubblicato nel 1510). Punì l'usura, ma concesse agli ebrei libertà maggiore che in qualsiasi altro Stato di quel tempo. Riformò l'amministrazione pubblica, fece rifiorire il commercio e diede alla circolazione monetaria una salda base facendo coniare una moneta d'argento. Ma il sogno di tutta la sua vita fu la difesa della cristianità di fronte ai Turchi, programma che non riuscì per le discordie dei principi. Giulio fu uno splendido e illuminato mecenate: a Bramante affidò i disegni del Belvedere, del cortile di S. Damaso, e soprattutto la costruzione della nuova Basilica Vaticana; Raffaello affrescò le Stanze della segnatura; in Michelangelo Giulio trovò l'artista di genio che seppe tradurre i suoi concetti smisuratamente ambiziosi.