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- PROCESSI E FATTI CURIOSI CHE RIGUARDANO I FANTINI -

Istanze contro Baldassarre Pagliai detto Pancianera per i saccheggi del Viva Maria






A querela di Giuseppe Papi bargello di questa Piazza fu intrapresa causa contro:

1. Giuseppe Lunardi
2. Baldassarre N. detto Pancianera
3. N.N. detto Tono Tono
4. N.N. figlio di Giangia del Rialto
5. N.N Calderaro a S.Donato, e
6. N. Barci detto Scanza

Tutti di Siena. Non carcerati per saccheggio alle case degl'Ebrei Volunio e Fratelli Gallichi.


Archivio di Stato di Siena - Capitano di Giustizia 546 - n.1000



Istanza contro:

1. Angiolo del fù Pietro Bandinelli
2. Bernardino del fù Lorenzo Franci
3. Baldassar d'Antonio Pagliai detto Pancia Nera, e
4. Giuseppe di Placido Bennati detto Soldo Treccone per essersi portati in casa dei fratelli Belli e rubassero e portassero via diversa biancheria, e vestiti di valore (...) nel dì 1° Luglio 1799 in occasione dell'Insurgenza seguita in questa Piazza (...) unitamente ad altri soggetti della Truppa così detta Aretina...

Attraverso il racconto di alcuni testi, è stato possibile risalire alla dinamica dei fatti, riconducibili alle giornate convulse del "Viva Maria" (1).

"Serafino Belli, aderente al Partito Francese, fù arrestato dagli Aretini in casa sua nel tempo dell'assedio di questa Fortezza, e fu detto, che dal tetto di sua casa erano state sparate alla volta della Torre di S.Domenico, dove stavano gli Aretini, e che gli fusse trovato in casa lo schioppo carico di polvere, e polvere dentro un baulle."
A seguito di questo arresto, l'appartamento abitato anche dagli altri fratelli, Carlo e Lorenzo, che si trovava "per la strada di S.Giovanni Battista per andare in S.Bastiano", rimase incustodito e fu oggetto di un vero e proprio saccheggio da parte di alcuni soldati aretini e popolani senesi.
Vennero trafugate un "paro di fibbie dorate, due cucchiaini da caffè d'argento, ed una forchetta d'argento, una cassettina d'ottone, una teglia di rame, un focone, un caldaroncello di rame, un paro di calzoni color marrone di panno, diverse biancherie ed altri panni". Il Pagliai, incastrato dalle testimonianze di tante persone che lo accusavano di aver scassato egli stesso "l'uscio che rimane dentro il ridotto di casa Belli", addusse a scusa di esservi stato obbligato, sotto minaccia delle armi, da alcuni soldati aretini, ma di non aver rubato nulla.


(1) Il 25 marzo 1799 le truppe francesi entravano in Firenze, costringendo il Granduca e la sua famiglia ad allontanarsi dalla città.
Quattro giorni più tardi, la Guarnigione transalpina giunse a Siena e venne accolta da un così grande tripudio popolare, che fu deciso di tenere il 7 di aprile una festa pubblica in Piazza del Campo, tesa ad inneggiare all'amore e alla pace.
Erano presenti le contrade, le autorità civili e quelle religiose rappresentate dall'Arcivescovo Zondadari oltre ad una cospicua delegazione ebraica.
Infatti i più euforici furono proprio gli ebrei che vedevano attraverso i francesi la possibilità di uscire da quel ruolo di "sottocittadini" cui erano stati relegati dagli austriaci.
Con il trascorrere dei giorni però la più cocente delusione doveva tener dietro all'entusiasmo: ben presto cominciarono infatti le violenze da parte dei soldati, le estorsioni e le spoliazioni d'ogni genere.
Ciò che soprattutto rese odiosa la nuova dominazione, fu il trafugamento di molti capolavori artistici e di manoscritti rari: ai lamenti e alle legittime proteste, seguirono gli arresti, i processi e le deportazioni, che finirono per colpire anche i ceti sociali più deboli, ossia coloro che avrebbero dovuto trarne i più cospicui vantaggi, secondo l'istaurazione del nuovo "ordine".
In questo clima si vennero così a creare i presupposti per una nuova controrivoluzione che scacciasse i francesi e restaurasse Ferdinando III.
Fu così che il 6 maggio 1799 alcune migliaia di forsennati, per lo più appartenenti al popolo minuto, s'impadronirono di Arezzo al grido di "Viva Maria, questa è roba mia", abbandonandosi in seguito a saccheggi e rappresaglie feroci.
In Siena le bande aretine giunsero il 28 giugno, entrando simultaneamente da Porta Pispini, Romana e Tufi, tanto da costringere il presidio francese ad asserragliarsi nella Fortezza.
Le truppe transalpine, capitolate dopo solo cinque giorni, furono obbligate a ritirarsi dalla città e già verso la metà di luglio tutte avevano abbandonato la Toscana.
Per rendersi un po' conto del clima che si era creato, è sufficiente menzionare la crudele esecuzione di cui rimasero vittime un gruppo di ebrei, arsi vivi in Piazza del Campo.
Comunque i Francesi non tardarono a ricomparire: dopo la vittoria di Napoleone a Marengo nel giugno del 1800, le truppe "giacobine" tornarono a invadere i territori che già erano stati di loro dominio: nel settemhre, rientravano in Firenze e nell'ottobre, a Siena.
Ma anche questa seconda occupazione non durò a lungo perchè già il 10 di gennaio del 1801, il presidio francese fu scacciato dalle truppe napoletane.
Scontri, con alterne vicende, si ebbero a Fontebecci, a Camollia e alla Coroncina, fino a quando i francesi guidati dal Generale de Miollis, misero in fuga gli avversari che dovettero attraversare la città inseguiti dal nemico fino a Porta Romana, che però fu sbarrata agli inseguitori dai senesi.
L'inatteso fatto provocò nei Francesi ira e dispetto e fu soltanto grazie all'opera di persuasione del loro generale, se Siena fu risparmiata al saccheggio.
Intanto per la pace di Lunéville stipulata il 9 febbraio 1801, la Toscana, ora Regno d'Etruria, veniva assegnata al duca di Parma, mentre a Ferdinando III fu dato un principato in Germania.
Siena fece atto di ossequio al nuovo ed ignoto sovrano, che sembrava animato da buoni propositi, che però non potè tradurli in atto, perchè morì appena trantatrenne, alla fine di maggio del 1803.
La reggenza fu affidata alla Regina Maria Luisa di Spagna, la quale l'anno successivo visitò Siena, accolta dalla popolazione molto benevolmente.
Poco dopo il regno fu unito all'impero Francese e infine, il 3 marzo 1809, ristabilito il Granducato, la reggenza della Toscana venne affidata alla sorella del Bonaparte, Elisa Baciocchi, accolta trionfalmente dai senesi il 14 maggio.
Ma il suo governo non durò a lungo: sfasciatosi l'Impero Napoleonico, la mattina del 3 febbraio 1814, i Francesi che si trovavano a Siena furono costretti ad allontanarsi e tre giorni dopo vi rientravano le truppe borboniche del Regno di Napoli.


Archivio di Stato di Siena - Capitano di Giustizia 554 - pag.26 e Capitano di Giustizia 287 - n.113