Cliccami per ritornare alla Home               Nomi, soprannomi e gemelli Senza disquisire sull’origine dei nomi personali e sul loro significato, è interessante qui conoscere e scuriosare tra quelle che sono state le tendenze battesimali e i nomi alla moda nella nostra Quercegrossa nei secoli ultimi trascorsi. Per ottenere un risultato affidabile è indispensabile avere dati completi a disposizione, e di conseguenza metto a confronto i battesimi del Seicento e Novecento, e gli elenchi della popolazione degli anni 1841 e 1936, apparsi i più appropriati. Certamente a prima vista si nota una prevalenza di nomi la cui imposizione proviene dalla tradizione religiosa cristiana, sia biblica sia dall’onomastica dei santi. Ad essa, in auge fino a tutto il Settecento, si accompagnano poi, nel secolo successivo, una serie di nomi che traggono origine dal mondo della letteratura, del teatro e della politica, i quali, lentamente, si fanno strada senza tuttavia raggiungere alte percentuali di battezzati, andando comunque ad aumentare notevolmente il numero dei nomi in uso.
La tabella ci mostra il confronto e la prevalenza dei nomi di battesimo nel Seicento e nel Novecento. Solo Antonio e Maria sono presenti nei primi posti delle due graduatorie, mentre aggiungo che nel ‘600 soltanto 92 sono i nomi usati tra la popolazione contro i 179 del ‘900.
I numeri in alto 399 e 333 indicano i battezzati, con qualche lacuna per il Novecento mancando i battezzati del primo decennio di S. Leonino e alcuni anni di Basciano e Siena. Da ricordare che fino all’Ottocento quasi tutti i nomi femminili erano preceduti da quello di Maria. Es Maria Caterina; M. Margherita; M. Anna.
Lo schema riporta il confronto dei nomi degli abitanti di Quercegrossa nel 1841 e 1936. A distanza di un secolo troviamo i nomi tradizionali sempre in prima fila, mentre si stanno imponendo nel Novecento i nuovi Gino (Igino), Dino, Giulia, Giuseppa, Nella, Anna, Rina e Gina. L’elenco del 1841 è completo. Osservando i dati si ricava che nel 1841 il 14 per cento degli uomini si chiamava Luigi e nel 1936 l’8% delle donne portava il nome di Maria. Nel 1841 oltre un terzo degli uomini si chiamava o Luigi o Giuseppe o Giovanni. Soprannomi Antico quanto l’uomo il soprannome era un nomignolo col quale in maniera ironica o canzonatoria si chiamava o meglio si ribattezzava una persona. Esso, di solito faceva riferimento a caratteristiche personali, a difetti o imperfezioni fisiche e psichiche o richiamava la condizione sociale e professionale. C’erano naturalmente delle eccezioni che assumevano segno di amicizia confidenziale come ad esempio Orfeo Mencherini era per gli amici “Feo”, Adolfo diventava “Foffo”, Francesco “Cecco”, Giuseppe “Beppe o Beppino”, Giovanni “Nanni”, Adamo “Damino”, Tommaso “Maso” e così via. Dai documenti degli ultimi secoli, sia civili sia religiosi, si ricavano curiosi e originali termini che hanno contraddistinto uomini e donne. In particolare quest’ultime sono state prese di mira dall’arguzia del prossimo specialmente chi praticava una certa professione. Questi soprannomi hanno di speciale la loro validità in ogni tempo, e non sono stati soggetti a mode come avveniva per i nomi, pur essendo ancorati all’idioma del tempo. La “Budellaia”, ossia donna Lucrezia vissuta nel 1678, si capiva subito qual era il suo mestiere e si comprende bene ancor oggi. Al contrario, davanti al soprannome di “Bracciana” si rimane perplessi, mentre in realtà era la più infame e disonorata puttana del bordello senese nel 1626. Un’altra era detta la “Contessina”, per le sue maniere gentili, e Lucrezia venne chiamata la “Dentona”. Anche “Citolona” può esser compreso, infatti ci richiama la variante citta, ragazza. Un ortolano del 1582 è detto “Farfaglia”, e un vaccaio del 1693 è chiamato “Giannone”. “Fastidio” era invece Jsacche Gallichi nel 1690. “Pancetta” era un facchino e “Montone” venne definito un prete di Orgia. Questi pochi esempi del passato ci mostrano che il mondo è sempre lo stesso. Degli antichi abitanti di Quercegrossa sono rarissime le indicazioni del soprannome e tra queste si rammentano un certo “Signorino”, contadino alle Gallozzole, un certo Battista di Monastero detto “Il Peccia”, morto nel 1592, un Agostino detto “Il Rosso” e un altro Agostino di Sornano detto “Lazzarone” ai primi del Seicento. In tempi molto più recenti, e a memoria d’uomo, abbiamo i Sestini di Gaggiola con soprannomi espressivi, ma anche usuali: Dante era “Badoglio”, Angiolo era “Giangio”, mentre il fratello Enrico era “Parrino”. Bruno, invece, come poteva capitare, aveva due soprannomi e secondo il posto dove si ritrovava si sentiva chiamare o “Frizzante” o “Nuvolino” e lui stesso ce ne dà il significato. A Vagliagli era “Frizzante” perchè in una serata di ballo, una ragazza del paese ebbe a dire nell’intervallo alle amiche: “Ho ballato con quel giovane dai baffi neri, mi ha messo un frizzante addosso”. E per tutta Vagliagli divenne Frizzante. In altri luoghi era Nuvolino, di quando era operaio tribbiatore: “Passavo con la moto dal grande manubrio e occhiali. Con le strade sterrate alzavo un gran polverone: “O chi è passato? E' passato Nuvolino”, e così mi chiamarono”. Anch’io avevo i miei soprannomi. Quello di Cencio, vezzeggiativo di Lorenzo ereditato dallo zio Cencio, il fratello del mi’ nonno, mentre da ragazzo mi chiamavano “Bubbolo o Bubbolino” per la grande vivacità che avevo nel giocare. C’è anche un terzo soprannome, affibbiatomi dal mi’ zio Berto Mori. Lo usava quando si faceva baccano intorno casa e lui, arrabbiatissimo, mi chiamava “Gambe di merlo”, e non aveva torto. I due fratelli Perugini erano entrambi di capigliatura nera. Allora per distinguerli, grazie all'arguzia di qualche amico spiritoso, Girolamo venne chiamato "il Moro" e Sabatino “il Biondo". Spesso però la spiegazione è più semplice di quanto si pensi. Nel caso di “Verdello”, soprannome affibbiato ad Armando Losi, esso ha origine in un pomeriggio festivo quando giovani e ragazzi di Quercegrossa si portavano al boschetto dell’Arginano per la merenda e le corse dei carretti. Armando si presentò con un paio di pantaloncini corti sportivi, di un intenso color verde e ciò diede lo spunto alla mi’ zia Piera, che non mancava di spirito, di dirgli appena lo vide: “Sembri un Verdello” (un uccellino dal piumaggio verde) e insistette a chiamarlo così, tantochè il soprannome rimase e fu di uso comune. Un elenco ci introduce nel bizzarro mondo dei soprannomi di casa nostra: Un Cancelli: Bistecca Bruno Cancelli: Salvatico Bandini Benito: Il Biondo o il Sergente Pistolesi Altero: Monteroni Losi Armando: Verdello Giulio Nencioni: Il Buccia Vittorio Castagnini: Il Trollo Castagnini Bernardino: Il Penna Nucci Costantino: Baco Nucci Giovanni Battista: Bista Losi Ezio: Il Magnelli Testi Angiolo: Piombo Nucci Sestilio: Il Bersagliere Carletti Gino: Il Mancino Virgilio Provvedi chiamato Dino era il Gazzei Rossi Nello: Il Gatto Uno di Passeggeri: Il Negus Rossi Piero: Il Gattino Rossi Gino: Il Moro Rossi Mario: Tacco Rossi Egisto era "Palle" o Leprino Francioni Egisto era Capino Taddei Nello: Il Pinzino Tognazzi Guido: Fulmine Un Fabiani: Il Notti Fabiani Pasquale: Sgaralla Fabiani Santi: Il Coco Guiggiani Ernesto: Cacino Giannini Benito: Rasciuga Un Lorenzetti: Borluzzo Masti Angiolo: Rossino Masti Alberto: Bino Forni Enzo: Fruzzico Masti Giovan Battista: Giobatta Petri Renato: il Chiocca Peccianti Cecilia: La Cice Peccianti Sabatino: Puntino Riversi Aldo: Lagliero Sanleolini Ottorino: Il Dottore Tanzini Corrado: Pastina Un Tanzini: Pollage Carli Dino: Cicala Gennai Lucesio: Luce Provvedi Nello: Stampone Oretti Dante: Il Moro Mugnai Settimio: Il Vespa Travagli Gino: Il Coccheri Mencherini Oreste: Il Calzolaione Mencherini Orlando: Landino Vettori Raffaello: Nello Cappelletti Silvio: Specchietti Landi Serafino: Fino Landi Angelo: Giangio o Il Monaci Pratellesi Odoardo: Il Rosso Cinatti Adriano era Il Nelli Giuseppe Losi: Geppino Forni Gesualdo: Lampo Finetti Dino: Il Moro Giachini Giuseppe: Peppola Alduina Torzoli era la Pirilla Marchetti Nella chiamata Verdolina era detta anche La Popa La mamma di Mario Merlotti era la Gerla (un tipo di cesta) Fantozzi Marina, la cantante, era detta La Caramella Gemelli Era impossibile ai miei tempi conoscere il sesso del nascituro, per il quale si ricorreva alle più stravaganti intuizioni e segni (pancia ritta è una citta; donna imbruttita era un maschio ecc.) , nè tantomeno esisteva la pratica di ricorrere a dottori e levatrici prima del parto, si chè spesso ci si accorgeva soltanto al momento della nascita che i bambini da partorire erano due, salvo qualche sintomo avuto dalla mamma incinta. La levatrice veniva chiamata coll’approssimarsi del parto, e in alcune circostanze capitò di sentirla esclamare meravigliata, alla partoriente e alle donne che l’aiutavano: “Ferme, ce n’è un altro”. Non erano molto frequenti i parti gemellari, e anche senza uno specifico e approfondito studio statistico posso affermare che nel popolo di Quercegrossa i casi conosciuti dal ‘600 al 1960 assommano a trentanove. Certamente di alcuni non abbiano notizia per la scarsezza dei dati, come nel Seicento, ma si può fissare con approssimazione una media di circa 10/11 a secolo, ossia un parto gemellare ogni 10 anni. Non si parla poi in maniera assoluta di parti trigemini, già nello scorrere i registri diocesani dei battesimi si sono trovati solo tre casi, e questo è un esempio della difficoltà a portare a termine le maternità complesse senza nessun aiuto medico. Nei parti gemellari accadeva frequentemente che uno dei due gemelli o entrambi perissero dopo poche ore o pochi giorni. Alcune volte un gemello nasce morto e non viene battezzato. Il parto gemellare non è esclusiva di pochi in quanto moltissime famiglie delle diocesi, in questi ultimi quattro secoli, hanno avuto dalla loro donne parti gemellari, ma alcune sembrano più predisposte a questo fenomeno e in più di una famiglia ho riscontato un intervallo di circa 130/150 anni fra due parti. Da ricordare le formule seicentesche dei parroci per definire una nascita gemellare: “nati a un parto”, oppure “binati”. Elenco, di seguito, quelli registrati nei popoli di Petroio, Quercegrossa, Lornano, e Basciano limitatamente ai poderi che entreranno a far parte nella nostra parrocchia. Da tener presente, inoltre, la grande differenza di popolazione tra il Seicento e i secoli successivi. In neretto le famiglie con più corrispondenze. Seicento (7) 1601, Autilia e Ginevra (?) nella famiglia Granai di Larginano (Basciano) 1612, Alessandra e Fausta di Domenico Lodoli e Agnesa, di Quetole (Petroio); 1620, Simone e Benedetto di Verdiano Burroni, Gaggiola (Basciano) 1631, Domenico e Niccola di Verdiano Burroni, Castagnoli (Basciano) 1646, Caterina e Maria di Domenico Lorenzetti, Quercegrossa (Basciano) 1652, Antonio e Lorenzo di Giovannibattista Gambassi, Magione (Lornano) 1660, Domenico e Giovanbattista di Antonio Carapelli, Olmicino Settecento (11) 1706, Giuseppe e Antonio di Niccolò Franci e Costanza, Osteria di Quercegrossa 1721, Giuseppe e Caterina di Francesco Zani e Caterina, Casino del Moco (Basciano) 1723, Vincenzo e Santa di Giovanni Guideri e Caterina Ancilli, Passeggeri (Basciano) 1724, N.n. e Lorenzo di Giuseppe Manganelli e Orsola, Poggio Benichi (Basciano) 1730, M. Maddalena e M. Fine di Vincenzo Fontani e Lucrezia Lotti, Quercegrossa (Basciano) 1733, Margherita e Maddalena di x Grazini e Cecilia Bianchi, Larginano (Basciano) 1742, Faustina e Pietro di Marco Antonio Stefanelli e Teresa, Casalino 1743, Teresa e Ursula di Giuseppe Cristofani e Francesca Canocchi, Gaggiola (Basciano) 1748, Francesco e Giuseppe di Domenico Mori, Molinuzzo Fondi (Basciano) 1754, M. Angela e Agata di Domenico Manganelli e Rosa, Gallozzole 1778, Giovanni e Pietro di Giuseppe Anichini e M. Domenica, Olmicino Ottocento (14) 1806, Pietro e Sabbatino di Gaetano Taddei, Mulino 1810, Lucrezia e Annunziata di Francesco Fusi e Angela Naldini, Quercegrossa (Basciano) 1830, Rosa e Annunziata di Pietro Masti e Caterina Viligiardi, Casanuova 1838, Vittorio e Fortunato di Felice Bernini e Maddalena Fusai, Petroio 1840, Antonio e Marco di Niccolò Sancasciani e Carolina Lazzari, Gallozzole 1843, Luigia e Assunta di Luigi Bernini e Teresa Fabbri, Petroio 1847, Carolina e N.N. di Valentino Fusi e Santa Pacciani, Quetole 1858, Carolina e Faustina di Giuseppe Pianigiani e Luigia Salvadori, Belvedere 1859, Giulia e Caterina di Agostino Masti e Giulia Milanesi, Casanuova 1863 Pietro ed Emilia di Ferdinando Caselli e Cellesi Maria, Poderino 1872, N.n. e Angelino di Antonio Bogi e Teresa Manganelli, Quetole 1880 Cesare e Cesira di Francesco Bruni e Caterina Manganelli, Sornano 1887, Fortunato e Dante di Emilio Buti e Virginia Lazzeri, Quercegrossa 1889, Orminda e N.N. di Emilio Buti e Virginia Lazzeri, Quercegrossa Novecento (7) 1902, Luigi e Guglielma di Modesto Fanti e Massi Gioconda, Castello 1923, Settimio e Ottavio di Pietro Merlotti e Amabile Riccucci, Colambaiolo 1924, Dino e Nella di Carlo Gambassi e Narcisa Porciatti, Bellavista 1931, Duilio e Duilia di Antonio Fabiani e Isola Bucciarelli, Casanuova 1948, Maria e Lucia di Giuseppe Cennini e di Rosina Barbucci, Monastero 1959, Antonio e Antonella di Silvano Socci e Lea Oretti, Quercegrossa 1960, Giuliano e Giuliana di Giuseppe Pianigiani e Anna Bernardeschi, Quercegrossa Dopo questa data si ha il successivo parto gemellare nel 1975 con la nascita di Francesco e Francesca figli di Maurizio Vannoni e Lorenza. |