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- GIAN GALEAZZO VISCONTI, duca di Milano -
a cura del dott. Fabrizio Gabrielli



Visse tra il 1351 e il 1402 ed era figlio di Galeazzo II e di Bianca di Savoia. Fu ben presto costretto al matrimonio dal padre, ansioso di estendere e di rafforzare l'influenza della sua famiglia, e andò quindi in sposo nel 1361 a Isabella di Valois, figlia del re di Francia, Giovanni II. Galeazzo, ammalato e stanco, era andato a poco a poco abbandonando al fratello, Bernabò, la direzione politica del ducato, e ciò favorì i propositi ambiziosi del figlio, il quale si fece cedere nel 1377 l'amministrazione della parte occidentale del dominio, comprendente le città di Novara, Alessandria, Tortona, Casale e Vercelli. L'anno seguente, poi, riuscì a togliere Asti al marchese del Monferrato. Intanto era morta sua moglie, nel 1373, ma gli era rimasto il titolo di conte di Virtù, essendo stata Isabella di Valois contessa di Vertus.

Gian Galeazzo Visconti

Nel 1378 moriva anche il padre, mentre Gian Galeazzo, che aveva trascorso gli ultimi anni sotto la guida dello zio Bernabò, stava cercando di concludere un altro vantaggioso matrimonio. Le sue mire, però, a differenza di quelle del padre, che si era preoccupato di consolidare i Visconti mediante rapporti con le altre famiglie regnanti d'Europa, si rivolgevano alla penisola. Sui primi del 1379 Gian Galeazzo avrebbe dovuto ricevere a Porto Pisano la regina di Sicilia, Maria d'Aragona, ma Pietro IV, re d'Aragona, contrario a questo matrimonio, che avrebbe trasmesso i diritti sulla Sicilia ai Visconti, inviò una flotta che, affrontate le navi milanesi, le volse in fuga.

Il 1380 segnò l'inizio di una politica personale più decisa da parte di Gian Galeazzo, il quale iniziò ad opporsi sempre più apertamente allo zio, anche se in quell'anno ne sposò la figlia Caterina: si fece innanzitutto concedere dall'imperatore Venceslao il titolo di vicario imperiale, che gli serviva per presentarsi ai sudditi nella veste di legittimo signore. Ma Bernabò non voleva rinunciare tanto facilmente alla sua autorità e neppure intendeva consentire che il suo dominio passasse al nipote. Contro di lui Gian Galeazzo non esitò allora a ricorrere alla violenza: il 6 maggio 1385, infatti, fece catturare, nei pressi di Porta Ticinese, Bernabò, facendosi subito dopo proclamare dal popolo signore di Milano. Sempre rispettoso, in apparenza, della legalità giuridica, Gian Galeazzo istituì un regolare processo allo zio, con cui volle dimostrare che questi governava arbitrariamente, non essendo stato riconosciuto dall'imperatore. Così era, in certo qual modo, giustificato e preparato l'assassinio di Bernabò, che fu effettivamente avvelenato il 18 dicembre 1385.

Nell'attuare la politica grandiosa e ambiziosa che aveva in animo, Gian Galeazzo si rivolse anzitutto verso est, cercando di ampliare il suo dominio nella direzione del Veneto: a tal fine si alleò, nel 1387, con Francesco da Carrara, signore di Padova, che era già in lotta con Antonio della Scala: a lui sarebbe toccata, in caso di vittoria, Verona e al Carrarese Vicenza. Ma quando il della Scala fu costretto a fuggire da Verona per una sollevazione, il Visconti fece in modo di tenere per sé anche Vicenza. Alle violente ingiurie di Francesco, Gian Galeazzo rispose organizzando contro di lui una nuova lega, in cui entrarono quasi tutti i signori del Veneto, oltre a Mantova e a Venezia. Il Carrarese rinunciò al potere in favore del figlio, Francesco Novello, ma ciò non valse a salvare né l'uno né l'altro, poiché verso la fine del 1388 il Visconti si impadroniva di Padova, Belluno e Feltre, mentre cedeva a Venezia Treviso.

Tutte queste vittorie, che fecero del Visconti il signore più potente dell'Italia settentrionale, rappresentavano un pericolo non solo per gli altri Stati italiani, ma anche per i sovrani stranieri, che vedevano eliminata la possibilità di intervenire nella penisola, tramite Milano. I più minacciati si sentirono i Fiorentini, i quali infatti si adoperarono attivamente per costituire una lega antiviscontea in grado di abbattere Gian Galeazzo; accettarono gli inviti di Firenze non solo Francesco Novello, che cercava dappertutto nemici contro il Visconti, ma anche il duca di Baviera, Stefano III, e un feudatario francese, Giovanni III d'Armagnac. La guerra ebbe inizio il 3 maggio 1389 e, dopo alterne vicende, i condottieri al servizio del duca di Milano, tra cui il famoso Jacopo dal Verme, ebbero ragione degli avversari: la battaglia decisiva fu combattuta presso Alessandria il 25 luglio 1391 e l'Armagnac, sconfitto e ferito, morì pochi giorni dopo.

Nel gennaio del 1392 si giunse così alla pace che segnò però un insuccesso per il Visconti, in quanto egli fu costretto a restituire Padova al Carrarese. Ma la sua attività politica e diplomatica continuò senza sosta in direzione del Piemonte, dell'Emilia e di Genova. Già nel 1390 si era legato alla corona francese dando la propria figlia Valentina in sposa a Luigi d'Orléans, fratello del re Carlo VI, con Asti per dote. Il 1 maggio 1395 Venceslao concedeva a Gian Galeazzo il titolo di duca di Milano per 100.000 fiorini; l'anno dopo lo investiva della contea di Pavia e nel 1397 lo creava duca di Lombardia: era la solenne investitura, da lui lungamente desiderata.

Ben presto però la lotta contro Firenze riprese accanita. La città toscana seppe abilmente stringere una lega con il re di Francia, Carlo VI, con il Gonzaga, con Francesco Novello, con l'Estense, con Bologna. Nel luglio 1397 le truppe milanesi entrarono nel territorio mantovano, ma sulle prime furono sconfitte a Governolo (28 agosto) e solo più tardi riuscirono a volgere in fuga il nemico a Borgoforte. Una tregua, pose per il momento termine a questa guerra. Ma Firenze rimaneva la nemica irriducibile del Visconti, tanto più che questi le andava suscitando contro sempre nuovi nemici nella stessa Toscana e nell'Umbria, dove Siena, Pisa, Perugia e Assisi riconoscevano il suo dominio. A questo accerchiamento Firenze cercò di sfuggire mediante un'altra lega, in cui entrarono il Carrarese e il nuovo imperatore, Roberto di Baviera (essendo stato Venceslao deposto per aver ceduto i diritti sul ducato di Milano). Anche questa volta però Gian Galeazzo seppe superare ogni pericolo e le sue truppe sconfissero a Brescia, in una memorabile battaglia, i tedeschi di Roberto 24 ottobre 1401). Poi il duca di Milano proseguì instancabile contro il suo più importante nemico, cioè contro Firenze, e il 28 giugno 1402, dopo avere sconfitto le milizie della lega, entrava in Bologna. L'ultima difesa per la città toscana era crollata e questa aspettava con timore l'assalto, ma Gian Galeazzo moriva. La sua fine sembrava disperdere i risultati della sua tenace politica e quasi nulla rimaneva in breve di ciò che la sua alta ambizione aveva creato.