www.ilpalio.orgwww.ilpalio.org

- MARIO CEROLI -
PITTORE DEL PALIO DEL 16 AGOSTO 2008




Piace ai contradaioli il Cencio di Mario Ceroli, presentato nel Cortile del Podestà dal sindaco Maurizio Cenni e da Omar Calabrese. Un Drappellone – si legge nella nota diffusa dal Comune di Sienja – “delicato e forte. Innovativo e tradizionale. Ma, più che altro, un Drappellone che dà l'impressione ottica del movimento”.
“Abruzzese di nascita, romano di adozione per la sua formazione professionale, Ceroli – si legge ancora nella nota -, uno dei più grandi artisti a livello internazionale, famoso per un concetto di scultura carico di riferimenti figurativi sugli stereotipi della contemporaneità, ha trattato la seta del “cencio” con la stessa maestria con la quale lavora le sue spettacolari creazioni in legno. La materia originale si vede. La superficie non è completamente ricoperta di colore.
In alto la Madonna del Voto, la riproposizione di quella che si trova sull'altare maggiore della Cattedrale, dove andranno a cantare il Te Deum i contradaioli che vinceranno il Palio. Ai lati gli stemmi delle Contrade dai quali si irradiano raggi d'argento che raggiungono Piazza del Campo, contornata dai palazzi e popolata da spighe di grano dorato. In basso dieci cavalli neri al galoppo e braccia alzate: quelle degli alfieri nel momento dell' “alzata”, quando con il corpo ed il cervello, con il sangue e la forza, vogliono sfiorare il cielo con i colori della propria Contrada. Sulla destra, come a dar più forza al galoppo, tre profili urlanti”.
“Riferimenti, connotazioni e proiezioni – si legge ancora nella nota - tipici di quell' “environment dinamico” che ha reso celebre Mario Ceroli, insieme a quel tocco di magistrale originalità con il quale ogni volta riesce a catturare ed immortalare, per l'eternità, un momento di vita. Le spighe. Segno biblico di abbondanza. Di felicità. Il popolo di Siena è dentro quel Campo, come spighe. Una concettualità originale, che solo un personaggio eclettico come lui può esternare; in grado, con estrema disinvoltura e ugual successo, di alternare la scultura alla scenografia teatrale, per celebrare, ogni volta, il valore simbolico delle sue creazioni. Una magica alchimia che riesce a rendere tattile un'idea.
Se il simbolo del Palio è il cavallo, Mario Ceroli l'ha reso vivo. I dieci barberi corrono sulla stoffa, su quell'anello inclinato di tufo. Una prospettiva incredibilmente reale, tanto che il drappellone pare muoversi, e gli elementi a corredo, braccia, mani e facce, sembrano inseguire gli animali. Li spingono, con la forza del cuore, al traguardo, sotto lo sguardo dolce di una Vergine duecentesca”.
“Come la serie di figure appiattite – conclude la nota - vere e proprie fette di statue, le stesse che si possono ammirare all'interno delle Logge del Papa, per la mostra “Forme in movimento”, che Siena ospiterà fino al prossimo 7 settembre, Ceroli ha dato spessore a quanto ha dipinto. Ha dato fisicità e carne agli animali, ha popolato, con i colori, il Palazzo Comunale, ha rappresentato con un elemento della natura i diciassette popoli che vivono Siena.
E il risultato, felice ed imprevedibile, connota in maniera chiara l'unicità di questo grande artista”.



Mario Ceroli

Un universo armonioso nella contiguità di materiali, forme, spazi dell'ambiente umano; un equilibrato gioco tra simbolo e realtà, ma con quello scarto che solo marca il confine dell'arte: questo è il lavoro che Mario Ceroli ha costruito in oltre 40 anni di tenace e costante forza e felicità creativa. Nato nel 1938 a Castelfrentano, formatosi a Roma all'Istituto d'Arte, dedicatosi in primo lugo alla ceramica, Ceroli ha avuto un esordio precoce e felice, sostanzialmente da autodidatta, vincendo nel 1958 il premo per la giovane scultura alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma. La sua comparsa sulla scena artistica romana ha contribuito a quella riformulazione del linguaggio che ha caratterizzato gli anni '60 (e non solo in Italia) ed ha aperto la strada, precorrendole, alle poetiche dell'arte povera ed alle successive installazioni (che si svilupperanno alla fine degli anni '60) pur rimanendo nella struttura dell'immagine nell0ambito poetico di quella che fu definita la pop art italiana. Il gesto germinale e sostanziale di Ceroli è stato quello di lavorare su materiali naturali, primo fra tutti il legno (ma anche la terra, il vetro, il ghiaccio) per porre l'accento sull'elemento primario, sul senso emergente delle cose reali, sul valore simbolico dell'opera, sul gesto fondante dell'artista. Ha così destituito del suo valore il materiale aulico e "nobile" della scultura, investendo di una nuova e forte capacità di rappresentazione il materiale naturale e povero. Con le sue forme ritagliate nel legno grezzo, le sue citazioni da icone dell'arte, le sue ironiche mimesi e, poi, con le sue grandi "rappresentazioni" Ceroli ha reso fisica l'idea, l'ha tradotta in gesto e in materia e, nello stesso tempo, ha occupato lo spazio in una stupefacente proliferazione di forme, in quell'intento dell'artista "faber" di medievale ascendenza che si propone di disegnare la realtà e l'ambiente umano in ogni sua declinazione, ma nel farlo li trascende sublimandoli. Muovendosi dunque tra simbolo e realtà, Ceroli ha creato una alterità che, da sola, è il campo privilegiato dell'arte. Il carattere "invasivo" del suo lavoro lo ha portato allo sconfinamento in ambiti che solo un'idea angusta dell'opera d'arte assegna a categorie "inferiori"; il teatro in primo luogo, dove già nel '67 ebbe la sua prima esperienza con Riccardo III, e che non ha mai abbandonato, collaborando con i più importanti allestimenti di drammi e opere; il cinema; il disegno di interi ambienti, di "luoghi della vita" (così come in questo secolo hanno fatto i più grandi architetti, da Wright a Le Courbusier ad Aalto); la progettazione di chiese e del loro arredo interno, fino ad un progetto mai completato di teatro. Autore in primo luogo del proprio ambiente di vita e di lavoro, Ceroli ha raccolto in uno spazio di 3000 metri quadrati, straordinariamente suggestivo, i suoi lavori, oltre 500, in una specie di museo in continuo mutamento e accrescimento, che avrebbe intenzione di aprire al pubblico per renderlo vivo, fruibile, utile come stimolo e modello alle più recenti generazioni di artisti.