- GLI STEMMI E I COLORI DELLE CONTRADE -
a cura di Sergio Ghezzi |
Come è noto, la simbologia ed i colori delle Contrade, dalla fine del Quattrocento in poi, hanno subito numerose variazioni, sia per motivi puramente estetici, sia per motivi storico-politici, compresa anche una naturale evoluzione pittorica e la loro descrizione (blasonatura) non seguiva certo le regole araldiche pur essendo questa una disciplina risalente al XII secolo. Il primo approccio delle Contrade a una blasonatura dei propri simboli avvenne dopo la visita del Re d’Italia Umberto I di Savoia e della consorte Regina Margherita per il Palio del 16 luglio del 1887. La visita dei Reali stimolò il desiderio delle Contrade di nobilitare la proprie bandiere con l'inserimento dello scudo Savoia e inoltrarono le loro petizioni in tal senso. Il barone Antonio Manno, Commissario del Re per la Consulta Araldica, esaminate le richieste, affermò che "una figura o impresa non è definibile araldica se non è compresa all'interno di uno scudo con colori e forma determinati" Così il Manno pensò bene di basare le Sovrane concessioni inserendo nello scudo di ogni Contrada alcuni simboli dello stemma Savoia e incaricò il blasonista Luigi Cantù di realizzare i disegni con gli attributi reali sotto varie forme grafiche (Croce Savoia, rosette, nodo sabaudo e corona reale), con l'aggiunta di scritte e figure non propriamente appartenenti all'emblema reale come, ad esempio, le iniziali di Umberto e Margherita, nastri con dedica o fiori di margherita, a ricordo della visita e della benevolenza dei Reali verso la città. Fra il 1888 e il 1889 la Consulta Araldica del Regno consegnò gli elaborati ed ogni Contrada, seguendo il testo della Sovrana concessione e il disegno allegato, elaborò una sua propria blasonatura con una terminologia che, in alcuni casi, possiamo definire approssimativa. Con il passare degli anni la descrizione dello stemma di alcune Contrade ha subìto varie modifiche e interpretazioni arbitrarie con aggiunte o sparizione di simboli e particolari che i vari compilatori degli "Statuti" hanno apportato denotando una conoscenza limitata della materia e riducendo la blasonatura a quella descrizione imprecisa che leggiamo oggi. La descrizione araldica di uno stemma segue regole precise e ogni parte di esso ha un nome ed una posizione ben definita che si può leggere in qualsiasi trattato o sito inerente la materia, ai quali si rimanda per tutta la terminologia e le aggettivazioni. Prima di prendere in esame la blasonatura degli stemmi di ogni Contrada sono necessarie alcune brevi note, certamente non esaustive, ma necessarie e basilari:
Blasonatura: è la descrizione araldica di uno stemma ed inizia sempre ”in primis” col descrivere lo scudo che era il supporto più antico e il pezzo principale dell’armatura su cui era riportata la figura o il segno distintivo. Scudo: è il termine originario e il più preciso da cui inizia la blasonatura. Campo: è la superficie dello scudo dove vengono dipinte le figure ed è sinonimo e alternativo di scudo. Stemma: la parola stemma è formata da due componenti: il campo e le figure, dei quali il primo rappresenta la superficie dello scudo e il secondo rappresenta tutte quelle figure geometriche, animali, floreali o altro, che ne costituiscono “il signum” distintivo. Ciò significa che scrivere “stemma d’oro” o “stemma d’argento” è concettualmente sbagliato perché è il “campo” che ha lo smalto e la parola “stemma” è solo il preludio alla descrizione dello scudo. Arme o Arma: queste parole, secondo alcuni, sono sinonimi di scudo o di stemma, per altri invece questi termini comprendono sia la descrizione dello scudo, sia quella di tutti gli elementi esterni a questo: elmo, cimiero, lambrecchini, supporti, sostegni, manto, ecc.(ma non è il nostro caso). Emblema, Impresa, Insegna: sono tutti termini simili o sinonimi tra loro che le Contrade usano indifferentemente per la titolazione o la blasonatura del proprio stemma. Per concludere queste note diremo che sono quattro i modi corretti per iniziare la blasonatura, per esempio: Nobile Contrada dell’Aquila - Stemma: d’oro, all’aquila bicipite, ecc. Nobile Contrada dell’Aquila - Stemma: scudo d’oro all’aquila bicipite, ecc. Nobile Contrada dell’Aquila - Stemma: campo d’oro all’aquila bicipite, ecc. Nobile Contrada dell’Aquila - Stemma: in campo d’oro, un’aquila bicipite, ecc. Possiamo notare che i colori attuali delle Contrade, rispetto al passato, hanno subito leggere modifiche, in particolare nelle loro delicate sfumature, diverse per ogni contrada. Questo è dovuto al diverso risultato cromatico che il medesimo colore offre otticamente se applicato su un broccato, piuttosto che sul velluto o sulla seta delle bandiere. Dobbiamo anche considerare che le stoffe e i velluti usciti dai telai per le nuove monture del 1839, del 1878, del 1904 o del 1928 non erano certo gli stessi, per qualità e consistenza di quelli del 1955, e tanto meno di quelli del 2000. Ugualmente, le sete ottocentesche hanno poco in comune con quelle del novecento o quelle attuali. Il rosso della Giraffa non è certo uguale a quello che ha la Civetta oppure l’Istrice e l’azzurro dell’Istrice non è come quello del Nicchio, così come l’arancio del Leocorno (color cece) è diverso da quello della Selva e così via dicendo. Vista l'impossibilità di specificare le varie tonalità - salve alcune eccezioni - i colori delle Contrade sono stati descritti in modo uniforme; in alcuni testi troviamo che il colore azzurro è applicato a tutte le Contrade - esclusa ovviamente l’Onda - mentre in altre descrizioni, questo stesso colore è definito turchino per tutte. Anche noi, in queste pagine, siamo costretti a fare una scelta simile. L'araldica delle Contrade è accompagnata dalla descrizione degli scudi delle Compagnie di Milizia Urbana attinenti storicamente al territorio di ogni Contrada. La loro descrizione originale è riportata nel Registro del Concistoro del 1 luglio 1420 conservato nell'Archivio di Stato di Siena (Concistoro 2371) nel quale venne registrata la Cerimonia di consegna dei rispettivi vessilli al Capitano del Popolo e ai Vessilliferi di Giustizia, poi, per ogni Terzo, ai Gonfalonieri, ai Centurioni, ai Capitani delle Masse e ai Capitani delle Compagnie di Città e dei Vicariati. Nel documento, per ciascun vessillo viene riportata la descrizione dei simboli e dei colori distintivi. E' ovvio che l'atto, risalente al 1420, non assegna le Compagnie ad ogni singola Contrada, cosa che invece faremo noi riportando il testo integrale accompagnato da una trascrizione in italiano corrente. Premettiamo che la blasonatura corretta, secondo le regole araldiche vigenti, sarebbe assai diversa da quella che riportiamo. L’analisi che segue ha preso in esame gli Statuti delle Contrade, i relativi siti ufficiali e il sito del Magistrato delle Contrade.
L'errore più comune riscontrato in molti testi nella descrizione di questo stemma è riferito alla scritta "Umbertus I dedit", che viene erroneamente definita "motto"; ma il termine motto ha un significato diverso da quello che gli si vuole attribuire, infatti il termine corretto da applicare è "scritta" o "legenda". Inoltre non si parla mai dei due nodi di Savoia (ben visibili) che intercalano la scritta suddetta, specificati solo nello Statuto della Contrada. Un altro oggetto che non viene descritto è lo scudo portato dal moro sul fianco destro: la Giraffa, dopo la vittoria del Palio del 2 luglio 1936 (conosciuto come il Palio dell'Impero), con Regio Decreto del 29 maggio 1939 ebbe il diritto di fregiarsi di uno scudo rosso con le insegne imperiali d'oro. Il R.D. recita nel modo seguente: "Scudo di rosso cimato da un'aquila dal volo abbassato sormontante due medaglioni posti uno sopra l'altro, circondati il primo da corona di quercia, il secondo da corona di alloro, il tutto d'oro, caricati l'uno dalla corona imperiale, l'altro dal fascio littorio addestrato dalla legenda in nero A-XIV-IMP". A questa blasonatura si può aggiungere che l’aquila ha la testa rivolta a sinistra ed è posata su un cartiglio recante la scritta su due righe “VICTOR.EMAN.III / REX.ITALIAE-IMP.ETIOP.”. Da allora e fino al 1981, la Giraffa entrò in Piazza con le bandiere recanti due simboli separati: la Giraffa condotta dal moro senza scudo l’uno e lo scudo rosso suddetto l’altro, come possiamo vedere nel rinnovo delle monture del 1955. Nel 1981 la Contrada adottò la soluzione di fornire lo scudo al moro. Quindi, anche se non è necessario riportare integralmente il testo del R.D., lo scudo deve essere comunque blasonato, magari con la formula semplificata "[…] recante uno scudo di rosso caricato dei simboli imperiali d'oro […]". |