Soprannomi
Antico quanto l’uomo il soprannome era un nomignolo col quale in maniera ironica o canzonatoria si chiamava o meglio si ribattezzava una persona. Esso, di solito faceva riferimento a caratteristiche personali, a difetti o imperfezioni fisiche e psichiche o richiamava la condizione sociale e professionale. C’erano naturalmente delle eccezioni che assumevano segno di amicizia confidenziale come ad esempio Orfeo Mencherini era per gli amici “Feo”, Adolfo diventava “Foffo”, Francesco “Cecco”, Giuseppe “Beppe o Beppino”, Giovanni “Nanni”, Adamo “Damino”, Tommaso “Maso” e così via. Dai documenti degli ultimi secoli, sia civili sia religiosi, si ricavano curiosi e originali termini che hanno contraddistinto uomini e donne. In particolare quest’ultime sono state prese di mira dall’arguzia del prossimo specialmente chi praticava una certa professione. Questi soprannomi hanno di speciale la loro validità in ogni tempo, e non sono stati soggetti a mode come avveniva per i nomi, pur essendo ancorati all’idioma  del tempo. La “Budellaia”, ossia donna Lucrezia vissuta nel 1678, si capiva subito qual era il suo mestiere e si comprende bene ancor oggi. Al contrario, davanti al soprannome di “Bracciana” si rimane perplessi, mentre in realtà era la più infame e disonorata puttana del bordello senese nel 1626. Un’altra era detta la “Contessina”, per le sue maniere gentili, e Lucrezia venne chiamata la “Dentona”. Anche “Citolona” può esser compreso, infatti ci richiama la variante citta, ragazza. Un ortolano del 1582 è detto “Farfaglia”, e un vaccaio del 1693 è chiamato “Giannone”. “Fastidio” era invece Jsacche Gallichi nel 1690. “Pancetta” era un facchino e “Montone” venne definito un prete di Orgia. Questi pochi esempi del passato ci mostrano che il mondo è sempre lo stesso. Degli antichi abitanti di Quercegrossa sono rarissime le indicazioni del soprannome e tra queste si rammentano un certo “Signorino”, contadino alle Gallozzole, un certo Battista di Monastero detto “Il Peccia”, morto nel 1592, un Agostino detto “Il Rosso” e un altro Agostino di Sornano detto “Lazzarone” ai primi del Seicento. In tempi molto più recenti, e a memoria d’uomo, abbiamo i Sestini di Gaggiola con soprannomi espressivi, ma anche usuali: Dante era “Badoglio”, Angiolo era “Giangio”, mentre il fratello Enrico era “Parrino”. Bruno, invece, come poteva capitare, aveva due soprannomi e secondo il posto dove si ritrovava si sentiva chiamare o “Frizzante” o “Nuvolino” e lui stesso ce ne dà il significato. A Vagliagli era “Frizzante” perchè in una serata di ballo, una ragazza del paese ebbe a dire nell’intervallo alle amiche: 
“Ho ballato con quel giovane dai baffi neri, mi ha messo un frizzante addosso”. E per tutta Vagliagli divenne Frizzante. In altri luoghi era Nuvolino, di quando era operaio tribbiatore: 
“Passavo con la moto dal grande manubrio e occhiali. Con le strade sterrate alzavo un gran polverone: “O chi è passato? E' passato Nuvolino”, e così mi chiamarono”. Anch’io avevo i miei soprannomi. Quello di Cencio, vezzeggiativo di Lorenzo ereditato dallo zio Cencio, il fratello del mi’ nonno, mentre da ragazzo mi chiamavano “Bubbolo o Bubbolino” per la grande vivacità che avevo nel giocare. C’è anche un terzo soprannome, affibbiatomi dal mi’ zio Berto Mori. Lo usava quando si faceva baccano intorno casa e lui, arrabbiatissimo, mi chiamava “Gambe di merlo”, e non aveva torto. I due fratelli Perugini erano entrambi di capigliatura nera. Allora per distinguerli, grazie all'arguzia di qualche amico spiritoso, Girolamo venne chiamato "il Moro" e Sabatino “il Biondo". Spesso però la spiegazione è più semplice di quanto si pensi. Nel caso di “Verdello”, soprannome affibbiato ad Armando Losi, esso ha origine in un pomeriggio festivo quando giovani e ragazzi di Quercegrossa si portavano al boschetto dell’Arginano per la merenda e le corse dei carretti. Armando si presentò con un paio di pantaloncini corti sportivi, di un intenso color verde e ciò diede lo spunto alla mi’ zia Piera, che non mancava di spirito, di dirgli appena lo vide: 
“Sembri un Verdello” (un uccellino dal piumaggio verde) e insistette a chiamarlo così, tantochè il soprannome rimase e fu di uso comune. 
Un elenco ci introduce nel bizzarro mondo dei soprannomi di casa nostra:
Un Cancelli: Bistecca		
	Bruno Cancelli: Salvatico
Bandini Benito: Il Biondo o il Sergente
	Pistolesi Altero: Monteroni
Losi Armando: Verdello 	
	Giulio Nencioni: Il Buccia
Vittorio Castagnini: Il Trollo	
Castagnini Bernardino: Il Penna
Nucci Costantino: Baco
			Nucci Giovanni Battista: Bista 
Losi Ezio: Il Magnelli		
Testi Angiolo: Piombo
Nucci Sestilio: Il Bersagliere
	Carletti Gino: Il Mancino	
	
Virgilio Provvedi chiamato Dino era il Gazzei
Rossi Nello: Il Gatto	
	Uno di Passeggeri: Il Negus
Rossi Piero: Il Gattino
	Rossi Gino: Il Moro
Rossi Mario: Tacco		
	Rossi Egisto era "Palle" o Leprino
Francioni Egisto era Capino 	
	Taddei Nello: Il Pinzino
Tognazzi Guido: Fulmine	
	Un Fabiani: Il Notti
Fabiani Pasquale: Sgaralla	
	Fabiani Santi: Il Coco
Guiggiani Ernesto: Cacino	
	Giannini Benito: Rasciuga
Un Lorenzetti: Borluzzo 
		Masti Angiolo: Rossino	
		Masti Alberto: Bino			Forni Enzo: Fruzzico
Masti Giovan Battista: Giobatta	
	Petri Renato: il Chiocca
Peccianti Cecilia: La Cice
		Peccianti Sabatino: Puntino
Riversi Aldo: Lagliero
			Sanleolini Ottorino: Il Dottore
Tanzini Corrado: Pastina
		Un Tanzini: Pollage
Carli Dino: Cicala	
		Gennai Lucesio: Luce
Provvedi Nello: Stampone
		Oretti Dante: Il Moro
Mugnai Settimio: Il Vespa
		Travagli Gino: Il Coccheri
Mencherini Oreste: Il Calzolaione
	Mencherini Orlando: Landino
Vettori Raffaello: Nello
			Cappelletti Silvio: Specchietti
Landi Serafino: Fino	
		Landi Angelo: Giangio o Il Monaci
Pratellesi Odoardo: Il Rosso 	
	Cinatti Adriano era Il Nelli	
	Giuseppe Losi: Geppino 		
Forni Gesualdo: Lampo
		
Finetti Dino: Il Moro	
		Giachini Giuseppe: Peppola	
	
Alduina Torzoli era la Pirilla 
Marchetti Nella chiamata Verdolina era detta anche La Popa
La mamma di Mario Merlotti era la Gerla (un tipo di cesta)
Fantozzi Marina, la cantante, era detta La Caramella
Gemelli
Era impossibile ai miei tempi conoscere il sesso del nascituro, per il quale si ricorreva alle più stravaganti intuizioni e segni (pancia ritta è una citta; donna imbruttita era un maschio ecc.) , nè tantomeno esisteva la pratica di ricorrere a dottori e levatrici prima del parto, si chè spesso ci si accorgeva soltanto al momento della nascita che i bambini da partorire erano due, salvo qualche sintomo avuto dalla mamma incinta. La levatrice veniva chiamata coll’approssimarsi del parto, e in alcune circostanze capitò di sentirla esclamare meravigliata, alla partoriente e alle donne che l’aiutavano: 
“Ferme, ce n’è un altro”. Non erano molto frequenti i parti gemellari, e anche senza uno specifico e approfondito studio statistico posso affermare che nel popolo di Quercegrossa i casi conosciuti dal ‘600 al 1960  assommano a trentanove. Certamente di alcuni non abbiano notizia per la scarsezza dei dati, come nel Seicento, ma si può fissare con approssimazione una media di circa 10/11 a secolo, ossia un parto gemellare ogni 10 anni. Non si parla poi in maniera assoluta di parti trigemini, già nello scorrere i registri diocesani dei battesimi si sono trovati solo tre casi, e questo è un esempio della difficoltà a portare a termine le maternità complesse senza nessun aiuto medico. Nei parti gemellari accadeva frequentemente che uno dei due gemelli o entrambi perissero dopo poche ore o pochi giorni. Alcune volte un gemello nasce morto e non viene battezzato. Il parto gemellare non è esclusiva di pochi in quanto moltissime famiglie delle diocesi, in questi ultimi quattro secoli, hanno avuto dalla loro donne parti gemellari, ma alcune sembrano più predisposte a questo fenomeno e in più di una famiglia ho riscontato un intervallo di circa 130/150 anni fra due parti. Da ricordare le formule seicentesche dei parroci per definire una nascita gemellare: 
“nati a un parto”, oppure 
“binati”.
Elenco, di seguito, quelli registrati nei popoli di Petroio, Quercegrossa, Lornano, e Basciano limitatamente ai poderi che entreranno a far parte nella nostra parrocchia. Da tener presente, inoltre, la grande differenza di popolazione tra il Seicento e i secoli successivi. In neretto le famiglie con più corrispondenze.
Seicento (7)
1601, Autilia e Ginevra (?) nella famiglia Granai di Larginano (Basciano)
1612, Alessandra e Fausta di Domenico Lodoli e Agnesa, di Quetole (Petroio);
1620, Simone e Benedetto di Verdiano 
Burroni, Gaggiola (Basciano)
1631, Domenico e Niccola di Verdiano 
Burroni, Castagnoli (Basciano)
1646, Caterina e Maria di Domenico Lorenzetti, Quercegrossa (Basciano)
1652, Antonio e Lorenzo di Giovannibattista 
Gambassi, Magione (Lornano)
1660, Domenico e Giovanbattista di Antonio Carapelli, Olmicino
Settecento (11)
1706, Giuseppe e Antonio di Niccolò Franci e Costanza, Osteria di Quercegrossa
1721, Giuseppe e Caterina di Francesco Zani e Caterina, Casino del Moco (Basciano)
1723, Vincenzo e Santa di Giovanni Guideri e Caterina Ancilli, Passeggeri (Basciano)
1724, N.n. e Lorenzo di Giuseppe 
Manganelli e Orsola, Poggio Benichi (Basciano)
1730, M. Maddalena e M. Fine di Vincenzo Fontani e Lucrezia Lotti, Quercegrossa (Basciano)
1733, Margherita e Maddalena di x Grazini e Cecilia Bianchi, Larginano (Basciano)
1742, Faustina e Pietro di Marco Antonio Stefanelli e Teresa, Casalino
1743, Teresa e Ursula di Giuseppe Cristofani e Francesca Canocchi, Gaggiola (Basciano)
1748, Francesco e Giuseppe di Domenico Mori, Molinuzzo Fondi (Basciano)
1754, M. Angela e Agata di Domenico 
Manganelli e Rosa, Gallozzole
1778, Giovanni e Pietro di Giuseppe Anichini e M. Domenica, Olmicino
Ottocento (14)
1806, Pietro e Sabbatino di Gaetano Taddei, Mulino
1810, Lucrezia e Annunziata di Francesco 
Fusi e Angela Naldini, Quercegrossa (Basciano)
1830, Rosa e Annunziata di Pietro 
Masti e Caterina Viligiardi, Casanuova
1838, Vittorio e Fortunato di Felice 
Bernini e Maddalena Fusai, Petroio	
1840, Antonio e Marco di Niccolò Sancasciani e Carolina Lazzari, Gallozzole
1843, Luigia e Assunta di Luigi 
Bernini e Teresa Fabbri, Petroio
1847, Carolina e N.N. di Valentino 
Fusi e Santa Pacciani, Quetole
1858, Carolina e Faustina di Giuseppe Pianigiani e Luigia Salvadori, Belvedere
1859, Giulia e Caterina di Agostino 
Masti e Giulia Milanesi, Casanuova
1863 Pietro ed Emilia di Ferdinando Caselli e Cellesi Maria, Poderino 
1872, N.n. e Angelino di Antonio Bogi e Teresa 
Manganelli, Quetole
1880 Cesare e Cesira di Francesco Bruni e Caterina 
Manganelli, Sornano
1887, Fortunato e Dante di Emilio Buti e Virginia 
Lazzeri, Quercegrossa
1889, Orminda e N.N. di Emilio Buti e Virginia 
Lazzeri, Quercegrossa
Novecento (7)
1902, Luigi e Guglielma di Modesto Fanti e Massi Gioconda, Castello
1923, Settimio e Ottavio di Pietro Merlotti e Amabile Riccucci, Colambaiolo
1924, Dino e Nella di Carlo 
Gambassi e Narcisa Porciatti, Bellavista
1931, Duilio e Duilia di Antonio Fabiani e Isola Bucciarelli, Casanuova
1948, Maria e Lucia di Giuseppe Cennini e di Rosina Barbucci, Monastero
1959, Antonio e Antonella di Silvano Socci e Lea Oretti, Quercegrossa
1960, Giuliano e Giuliana di Giuseppe Pianigiani e Anna Bernardeschi, Quercegrossa
Dopo questa data si ha il successivo parto gemellare nel 1975 con la nascita di Francesco e Francesca figli di Maurizio Vannoni e Lorenza.
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