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- UN PO' DI STORIA -


PRELIMINARI AL PALIO
testo ripreso da libro: "Siena, il Palio" di Giulio Pepi, edito dall'Azienda Autonoma del Turismo

Cronologicamente, il Palio comincia con una prefazione (ma i fantini già da qualche mese sono in allenamento nelle campagne più o meno vicine, i cavalli "fanno il fiato" e i muscoli, i Capitani e i Tenenti di ciascuna Contrada costruiscono con grande e ostinata pazienza la loro strategia).
L'ultima domenica di maggio (o comunque non meno di venti giorni prima del Palio), si procede alla estrazione delle tre Contrade che, come abbiamo già visto, insieme alle sette che non hanno preso parte alla corsa del 2 luglio precedente, disputeranno la giostra in onore di Maria SS. di Provenzano. Le stesse regole, spostate nel tempo, valgono per il Palio del 16 agosto: pertanto, non staremo a ripeterle.
È una cerimonia presieduta dal Sindaco, in una sala del Palazzo Comunale, alla quale intervengono i Capitani delle diciassette Contrade. Non scenderemo nei dettagli per brevità di narrazione. È bene solo precisare che il Capitano (è colui che guida la Contrada nel Palio (coadiuvato da due Tenenti o "fiduciari") e che ne detiene la rappresentanza, riconosciuta di fronte alle autorità, sia in quei giorni che per tutto quanto riguarda la celebrazione.
Avvenuto il sorteggio delle tre Contrade favorite dalla fortuna (sorteggio che continua per le altre unicamente per determinare l'ordine di sfilamento nel corteo), ne viene dato annuncio al pubblico, che regolarmente si affolla in Piazza del Campo, con l'esposizione delle bandiere precedute dagli squilli delle chiarine.
Le bandiere delle sette partecipanti di diritto sono esposte fin dal mattino e, con le tre estratte, si completa il numero.
Le feste iniziano il 29 giugno (o il 13 agosto per il Palio dell'Assunta). Nei giorni precedenti, Piazza del Campo ha cambiato volto. Scrittori, giornalisti, cronisti si sono a lungo sbizzarriti, con la fantasia, in centinaia di similitudini. La più giusta è forse quella che la paragona a un "circo massimo": con la sola differenza che la ribalta non è il centro, ma l'anello - ormai ricoperto di solida cotenna di tufo - che lo circonda. Alcuni, in termini sportivi, lo chiamano "pista". Intorno, lungo la base perimetrale dei palazzi, sono state erette, senza soluzione di continuità, le tribune o, con termine più spicciolo, i palchi. La gente può scegliere: o nelle poltroncine a pagamento, o gratuitamente nella rossa conchiglia.
Primo atto, indispensabile e determinante (come ognuno può facilmente comprendere), è la consegna dei cavalli alle Contrade. Si effettua per sorteggio fra dieci, dopo la scelta fatta dai Capitani sui venti, trenta soggetti presenti, che hanno dimostrato le proprie qualità, attraverso corse in "batterie", ordinate e dirette dall'Amministrazione Comunale e dai Deputati della Festa (tre persone nominate dal Comune, sentito il Magistrato delle Contrade, che hanno compiti delicatissimi e ragguardevoli da svolgere).
L'attaccamento al Palio, l'entusiasmo di partecipare in prima persona, il prestigio morale che ne deriva, costituiscono la ragione principale che spinge i proprietari a mettere a disposizione i loro cavalli.
Essi percepiscono un compenso modesto (sono però assicurati contro incidenti che i "barberi" possono subire durante le corse). Ma la preparazione di un cavallo per il Palio è lunga, laboriosa, non priva di disagi e di impegni finanziari. La meraviglia di chi scopre questo risvolto composto di sacrificio, è giustificata solo se non è rapportata all'appagamento interiore del senese.
Il sorteggio, ovvero la "tratta", avviene nella tarda mattinata del 29 giugno (o 13 agosto). Subito dopo che hanno avuto luogo, ripetiamo, le corse di prova di tutti i cavalli presenti, divisi in gruppi o "batterie" di sette, sei, cinque.
E' una cerimonia pubblica. Nello spazio di fronte al Palazzo Civico è stata in precedenza eretta un'impalcatura dove trova posto un lungo tavolo, su cui vengono collocate due urne. Le urne contengono, rispettivamente, dieci custodie in ognuna delle quali è racchiuso un foglietto di pergamena contenente il numero che designa un cavallo (da uno a dieci) e dieci custodie, nelle quali sono sigillati altrettanti foglietti con i nomi delle Contrade partecipanti. A lato del palco, si trovano dieci box entro i quali vengono condotti i cavalli prescelti.
All'annuncio fatto dalle chiarine, iniziano le operazioni, condotte dal Sindaco, che ha precedentemente preso posto dietro al tavolo, con l'assistenza dei dieci Capitani e dei Deputati della Festa. Dopo il controllo, iniziano le estrazioni, materialmente compiute da due piccoli paggi.
Prima un numero (corrispondente a un cavallo) e dopo il nome della Contrada. L'abbinamento è fatto. Il "barberesco" in costume rinascimentale (cioè l'uomo addetto al "barbero" e alla sua manutenzione) preleva il cavallo e, fra l'esultanza dei propri contradaioli o nel silenzio compunto (se le doti del corridore lasciano poco margine alla speranza), lo conduce attraverso le vie della città, verso la propria Contrada, nella stalla (più salotto che stalla).
Da questo momento la sorte sembra abbia già offerto certe indicazioni. Ma è vero solo in parte. Perché il Palio può riservare le più abbaglianti sorprese o le più cocenti delusioni.
Nel pomeriggio, al calare del sole, ha luogo la prima prova. È importante, per entrare in possesso di elementi di giudizio più precisi, soprattutto in merito ai cavalli che per la prima volta si affacciano sulla pista del Campo. I tempi e le modalità della corsa sono uguali a quelli del Palio, sia pure sotto il solo aspetto tecnico.
Una volta sgombrato il percorso dal pubblico (i palchi e il centro della Piazza si affollano), i dieci fantini che le Contrade hanno ingaggiato, rivestiti con i colori che li distinguono (sulle spalle, ben in vista, l'emblema), montano a cavallo a pelo, nel punto di raccolta (Cortile del Podestà del Palazzo Comunale).
Preceduti dallo scoppio del mortaretto, si avviano a passo verso la partenza: uno slargo davanti allo sbocco della Costarella dei Barbieri, di fronte al Palco dei Giudici e dei Capitani. Due enormi canapi sono tesi: il primo, lungo tutta la pista; il secondo, con un'apertura attraverso la quale, cavalli e fantini, nell'ordine già conosciuto ma dipendente dalla sorte, si pongono in allineamento secondo gli ordini del "mossiere " da cui dipendono. L'ultima Contrada entra con il cavallo già lanciato.
E a questo punto che il "mossiere", dal "verrocchio" (un palchetto con un congegno), preme il pedale e fa abbassare il canape.
I dieci corridori, percorrendo tre giri della pista (quasi un chilometro), provano a carriera, qualcuno a galoppo, altri - dopo le prime falcate - addirittura a trotto, le proprie doti. Gli abili fantini rilevano subito quali sono le lacune, quali le capacità, quale il sistema migliore per affrontare le curve (due ad angolo retto: quella di San Martino in discesa e quella del Casato in salita), se è giusto il morso, se occorre apportare modifiche ai ferri, se ci sono difetti da correggere. La baldanza e lo sconforto si alternano nei senesi.
Ormai, il sottile velo che fa da sipario alla realtà temporale, si è rotto. In quei quattro giorni, scrivono i reporters con disinvolta meraviglia, il Palio sovrasta tutto. È vero. Se ne vanno via i pensieri, gli affanni, scompaiono le piccole, banali questioni ripetitivamente quotidiane, si rimandano le decisioni, gli appuntamenti, i contratti.Un soffio di eternità, sui cui misteri non si indaga perché è contenuta nel cuore quasi per naturale innesto, si impadronisce della mente e del comportamento.
L'attesa è lunghissima. Quattro giorni che non passano mai, che si misurano con un orologio diverso sul quale affiorano ricordi e affanni lontani, e non sappiamo fin dove sono nostri e fin dove sono riverbero di persone scomparse, ieri o cinque secoli fa.
Nomi di cavalli, di fantini, di Contrade, sono sulla bocca di tutti. Agli angoli delle strade, sopratutto nei pressi delle Sedi o delle stalle delle Contrade, nelle Società, i commenti, i punti di vista, i consensi, i dissapori, le speranze, sono oggetto delle più disparate valutazioni.
La gente ha bisogno di ritrovarsi più di sempre; di stare vicina, di sentirsi unita anche nel contatto. L'esasperazione cresce. Senesi che abitano o, disgraziatamente, sono costretti a lavorare lontano dalla propria città, dalla propria, piccola "patria", tornano appositamente in questi giorni di passione (lasciando ad altri, magari, le ferie natalizie o pasquali). E una costante immersione in un'atmosfera realmente carica di eventi da cui ci si può distrarre solo con uno sforzo di volontà, che costa fatica e tribolazione, tuttavia. Una specie di autosuggestione per non accorarsi troppo. Un'autoanestesia quasi codarda che si esprime, per certe persone, nel non andare in Piazza del Campo (specialmente il giorno del Palio), rimanere chiusi in casa o in attesa nella Chiesa o nella Società di Contrada: tensione, paura dell'infarto, del malore.
Le "prove" si ripetono alla mattina e nel tardo pomeriggio, il giorno dopo e il giorno dopo ancora: alla vigilia. Il drappellone viene recato, in corteo, alla Collegiata di Provenzano il 1° luglio, dopo la "prova generale" (o il 14 agosto, durante la "processione dei ceri ", persistente ricordo del passato, al Duomo). Sarà rimosso il giorno del Palio e posto direttamente nel carroccio del corteo.
La sera della vigilia, si tenta in qualche modo di soffocare nella letizia l'incubo e l'apprensione. Una grande cena riunisce i contradaioli (ormai nelle strade, perché i locali pur spaziosi delle Società non riescono a contenere tutti): sono quattrocento, settecento, mille. Dipende da Contrada a Contrada. Anche per i turisti, con una prenotazione tempestiva, c'è posto e buona accoglienza. Essi possono acquistare anche il foulard originale della Contrada, facendo attenzione a quando e dove se ne ammantano, perché è un atto di appartenenza (sia pure straordinaria), e comporta certe responsabilità e coraggio.
Alla cena parlano d'obbligo: il Capitano (il suo è sempre un discorso di promessa, anche quando è cauto per le non favorevoli circostanze: promessa di vincere, di ostacolare l'avversaria, di correre con onore); il Priore (il discorso è di richiamo all'unità, alla serenità, alla fortuna); il fantino (solitamente molto conciso quando non è addirittura reticente).
La letizia puntualmente arriva con gli stornelli, con il marziale canto dell'inno ufficiale, con qualche bottiglia di vino in più; ma è sempre superficiale.
Si chiama "cena propiziatoria" e serve puntigliosamente una sua ritualità. Si avverte, comunque, che non è una cena distensiva, una baldoria, un appuntamento spensierato.
Il fantino si ritira di buon'ora. Il Capitano e i Tenenti spesso scompaiono per gli ultimi abboccamenti con i rappresentanti di Contrade amiche o aggregate. Tutto questo lavorìo di contatti, accordi, contro - accordi (che non ha inizio né fine ma che praticamente, si riveste di sostanziosità nei giorni dell'azione), si chiama, in termine senese, "fare i partiti". E qui, la frase, può avere molti significati, tutti concomitanti o convergenti: "dare e avere consiglio", "far la propria parte", "far combriccola", "raggrupparsi in fazione". Si dice che un tempo avessero la loro importanza con reali sviluppi nel corso del Palio. In diversi casi alcuni cronisti descrivono, e certi comportamenti rispecchiano, l'esistenza di patti precostituiti. Altrimenti non verrebbero spiegate molte cose. Nel corso di questo secolo però, la fortuna ha sempre inciso in maniera determinante sull'andamento del Palio, in molti casi prescindendo dalla velocità del cavallo o dall'abilità del fantino.
Ma, come in tutte le tensioni tirate allo spasimo, anche il Palio si tinge di giallo: è una nota troppo invitante per novellieri o romanzieri, perché sia abbandonata.
Il Palio è, scusandoci per la banalità della metafora, una battaglia che tutti vogliono vincere ad ogni costo. Anche l'illecito (se non espresso platealmente, altrimenti chi lo attua si trova isolato), può divenire lecito. Intelligenza, furbizia, diplomazia alla Machiavelli, finanza, sussistenze tecniche o scientifiche, sono mobilitate. La Contrada deve riuscire: non si può mai attendere o rinviare o rinunziare. Potrebbero passare gli anni (venti, trenta anni: un'intera generazione si può dire) senza assaporare il magico momento del trionfo. Le iniziative, la dedizione, i sacrifici spesso di molti anni, sono appesi al drappellone, fetta di seta dipinta, che simboleggia la dignità di superare tutti nel rappresentare il giorno di Siena.
Per questo, propriò perché tutti hanno una mèta comune, la favola della corsa truccata non regge. Chi la sostiene, conosce il Palio come si può conoscere un lontano pianeta dai romanzi di fantascienza. Può accadere che ci siano scontri tra rivali in corsa; che l'insufficienza delle doti del cavallo avuto in sorte, consigli un'azione diretta sull'antagonista che ha ricevuto mezzi adatti per vincere. Ma anche qui non si tratta dell'effetto del denaro, ma di una precisa volontà e (se è seguito nello spirito della tradizione) di un quasi - dovere.
Impedire all'avversario di vincere è il punto numero due del programma. Anche concedendo ad altre concorrenti capaci di opporsi con validi mezzi, il proprio denaro o il proprio fantino. Anche tramando, perché la piazza non offra fantini di eccelsa reputazione allo schieramento ostile, o tentare di rompere regole antiche per cercarne altre inesplorate. Ma è casuale e difficile l'abbandono del punto numero uno che è e resta quello di vincere.



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